La Provincia Autonoma di Trento (PAT) ha dato il via libera, in un comunicato, alle immissioni della trota fario nelle acque provinciali. Se la decisione dell’assessora all’Agricoltura e Foreste Zanotelli mirava a ridurre le restrizioni attuali sull’immissione di specie non autoctone per associazioni con specificità locali, non ha però convinto tutti.
Il decreto nazionale del Ministero dell’Ambiente entrato in vigore a novembre, infatti, vieta su tutto il territorio italiano, “qualsiasi azione di introduzione, reintroduzione e ripopolamento di esemplari di specie non autoctone”. L’obiettivo è quello di salvaguardare le specie locali, che rischiano altrimenti di essere soppiantate da quelle aliene, o dar vita a nuovi ibridi. Un provvedimento però subito contestato dalla Provincia Autonoma, dando il via ad un botta e risposta con il Ministero la cui conclusione è stata categorica.
Le associazioni, infatti, devono comunque attendere la valutazione positiva dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, prima di procedere all’inserimento. Un danno per il pesce già presente negli impianti, che riguarda non solo la trota fario, ma anche quella iridea, lacustre e coregone.
L’allarme era stato lanciato già a fine marzo dalle associazioni della pesca trentine, che lamentavano una mancata condivisione dei contenuti della disciplina e delle richieste di modifica. Ma ora che l’introduzione della trota fario ha avuto il via libera dall’ISPRA, e Provincia e APPA (Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente) concordano che questo provvedimento è fondamentale per la gestione futura della pesca in Trentino, sono proprio le associazioni le più scettiche.
Arnoldi, il presidente della Federazione dei Pescatori Trentini, non sembra convinto che le concessioni della Provincia siano sufficienti. Il rischio, afferma dalle pagine de Il Dolomiti, è una “riduzione del numero dei soci e degli ospiti” tale che per le associazioni “non sarà possibile sopportare i costi gestionali”.
Se per le più grandi, dunque, la sopravvivenza è legata al taglio del personale, alle associazioni più piccole non resterà che chiudere. Un danno per la pesca trentina, continua Arnoldi, che “al contrario è stata sempre riconosciuta a livello nazionale e internazionale come un esempio virtuoso sia per la gestione delle acque che del territorio.”
E proprio per venire incontro alle difficoltà delle Associazioni della pesca, l’Assessorato ha previsto l’erogazione dei contributi massimi concedibili per le piccole Associazioni. Che ora hanno il mandato a procedere alla stesura degli studi del rischio di salmerino, coregone e trota iridea, per consentire anche la loro rapida immissione nelle acque trentine.